lunedì 31 gennaio 2011

Cosce d'anatra all'arancia e loro ridondanza

Oggi sono piuttosto ispirata e mi va di parlare di un argomento che mi sta a cuore, ovvero il bon ton, ovvero il galateo, ovvero le buone maniere.
Ero un po’ indecisa sul trattare o meno questo argomento… sapete, non volevo sembrare la solita mummia lamentona, ma siccome non sono qui per compiacere chicchesia, ho pensato di scrivere ciò che mi va, come sempre.
So che, nel definire un concetto, non bisognerebbe iniziare dal negativo, cioè cercare di descrivere partendo dalle caratteristiche che quell’idea non possiede, tuttavia mi concederete un’eccezione. Il galateo, dunque, non è , come molti pensano, il risultato inattuale di seghe mentali di una checca isterica e perdigiorno. Al contrario, il galateo è un salvagente sociale che si rinnova per essere sempre attuale! Nel galateo troviamo descritte tutte le immaginabili situazioni sociali e il modo in cui ci si aspetta che ci si comporti. Il galateo è un modo oggettivo ed universalmente applicabile per non mettere in imbarazzo se stessi e non offendere gli altri. Più cresco e meno apprezzo quella che alcuni individui spacciano per originalità: io la trovo solo aperto disinteresse per le regole sociali e, di conseguenza, per gli altri. Oggi viene molto lodata la spontaneità. Ahimè, dietro queste persone spontanee a volte non c’è solo un apprezzabile candore, ma l’ignoranza di come si sta in compagnia di altre persone. Nonché una certa dose di egocentrismo. Voglio dire: posso tollerare che un bambino faccia i capricci, ma non un uomo che sbraita in casa altrui perché qualcosa l’ha contrariato!
Leggendo queste poche righe potrebbe sembrare che sia una persona fredda, calcolata. Una di quelle che si aggira in una roccaforte di manierismo e che riceve gli amici solo se debitamente annunciati. Non sono nulla di tutto questo. Però credo fermamente nei rapporti sociali e nella loro importanza. Ho molto rispetto per le persone che decido di frequentare e, nella mia idea, ad un ospite, per quanto ci si ritrovi familiarmente, bisogna prodigare ogni cura possibile. D’altro canto, mi aspetto la stessa dose di rispetto da chi ammetto in casa mia.
So che una delle critiche principali che vengono mosse al galateo tout court è che sia una cosa anacronistica. Concordo in parte, per esempio con quelle regole che non tengono debito conto delle più moderne tecniche comunicative (mail, sms eccetera). E’ anche vero che si ha un’idea di “buone maniere” come se si parlasse del più rigido cerimoniale di corte spagnolo, a tutti i costi preservato a scapito del piacere stesso di vivere!         
Lontana dall’essere un’esperta di bon ton, vorrei tuttavia riflettere su qualche situazione che può capitare a tavola.
Mi fanno ridere le persone che ci apostrofano così: non si dice buon appetito! Poi tenti di approfondire il discorso e chiedi: perché no? E loro: …mmm perché no. Oppure: perché è una cosa vecchia. Questo sì che è stupido galateo! Perché non c’è niente di più stupido che fare una cosa come una scimmia ammaestrata e senza sapere perché la si fa!
Non è del tutto scorretto affermare che non si dice buon appetito ( anche se in ambito strettamente familiare è concesso e, a mio gusto, molto conviviale), ma il motivo per cui questo avviene è che normalmente non si comincia a mangiare se non quando la padrona di casa dà il via. Questo segnale può avvenire con un piccolo gesto della mano, con l’espressione: mangiamo pure o simile. E’ ovvio che, a questo punto, non ci si aspetta che ogni commensale abbia a ribattere “buon appetito”. Cominciare a mangiare prima della padrona di casa è davvero sconveniente e mi è capitato innumerevoli volte di notare questo passo falso, e non solo quando sono io a ricevere!
Un’altra cosa da notare e da tenere a mente è che tutto quello che entra in bocca non può uscirne per nessun motivo al mondo. Eccezione: noccioli di olive e ciliegie  che devono passare discretamente dalla bocca alla mano chiusa a pugno e con ancora maggiore discrezione nell'apposito piatto nel caso della frutta e nel posacenere se le olive sono servite come aperitivo. Qualsiasi altra cosa: ossicine, lischette o altri corpi non identificati vanno ingoiati. Questo vuol dire che dovete prestare a massima attenzione se deliscate voi il pesce o spolpate la porzione di carne. Nel caso del pollo, che si può mangiare con le dita, saremo avvantaggiati. Devo spiegare il perché non vanno estratti dalla bocca bocconi semi masticati? Oltre all’ovvio orrore suscitato da una simile scena, bisogna considerare che potreste offendere il vostro anfitrione. Se proprio trovate nel vostro boccone un oggetto non identificato che è riuscito a superare il vaglio della forchetta e non avete abbastanza sangue freddo per ingoiarlo, fate finta di pulirvi la bocca col tovagliolo e con garbo liberatevene. Non c’è bisogno di rendere tutti i commensali partecipi della vostra scoperta e della soluzione che state per mettere in atto! Soprattutto perchè, ripeto, non fareste che mortificare chi ha cucinato per voi e vi sta accogliendo in casa sua.  Una volta mi accadde di mangiare assieme ad una signora distinta che non identificherò in alcun modo e che estrasse dalla sua bocca un boccone enorme e già efficiente triturato adducendo la scusa che sentiva male ad un dente. Il succitato boccone (una poltiglia ripugnante intrisa di saliva) venne depositato sul piatto e, in seguito ad un auto-esame odontoiatrico, rimesso in bocca ed ingoiato. Il tutto in un locale pubblico.
Vi sembro ancora esagerata?

Adesso, dopo essermi sfogata, passerei al motivo per cui ci ritroviamo qui, ovvero la ricetta. Una spiegazione è d’obbligo. Desideravo confrontarmi con un classico della cucina. Possiamo come prima cosa considerare che l’anatra all’arancia viene associata alle prelibatezze della cucina francese…. NON E’ VERO NIENTE! Come quasi tutte le altre ricette che in Oltralpe spacciano con orgoglio nazionale per invenzioni francesi, l’anatra all’arancia venne introdotta in Francia da cuochi italiani al seguito di Caterina de’ Medici per il suo matrimonio.



Il piatto in sé non ha alcuna difficoltà, così ho pensato di rendere quest’esercizio stilistico un po’ più interessante creando la ridondanza d’arance. Significa che ho provveduto a cuocere delle scorzette con l’essenza di senape e che ho accompagnato il piatto con una fresca insalata d’arance. Quindi, oltre al succo usato per profumare la carne, troviamo l’arancia in tutte le sue consistenze e in varie declinazioni. Da qui la ridondanza. E’ il momento ideale per preparare questo piatto, poiché le arance danno ora il loro meglio.

Ingredienti per due persone:
Due cosce d’anatra
Tre arance bionde
Aglio
Rosmarino
Olio extravergine d’oliva
Essenza di senape (Si acquista in farmacia assieme ad un contagocce di vetro)

Preparazione

Si comincia nel più classico dei modi, ovvero incidendo con un taglierino o un coltello veramente molto affilato la pelle dell’anatra in modo che si formino dei rombi.



Scaldate dell’olio con rosmarino e aglio e scottate per tre o quattro minuti le cosce; procedete alla stessa maniera dall’altra parte.
Intanto spremete un’arancia per ottenerne il succo.
Usate il succo per bagnare le cosce, abbassate il fuoco, aggiustate di sale mettendolo nel sughetto e non sulla carne e chiudete con un coperchio.
Cuociono in venti minuti, considerate che dentro devono essere rosa, non al sangue e non stracotte.

Procediamo con la ridondanza.


Tolgo da un’arancia le scorze e le taglio con delle forbici a julienne.






Ora attenzione, entra in gioco l’essenza di senape. E’ un prodotto pericolosissimo e dovete usare la massima cautela. Se non siete maggiorenni, se qualcosa impedisce i vostri movimenti, se non siete nel pieno delle vostre facoltà mentali astenetevi dal maneggiarla. Non venitemi a dire che non vi avevo avvisati!
Ogni precauzione non è mai eccessiva, dunque mettetevi un paio di occhiali protettivi tipo da nuotatore o una bella mascherina da sci, infilatevi dei quanti di plastica, avvolgetevi una sciarpa su naso e bocca e spalancate la finestra. Soprattutto non annusate direttamente la bottiglietta. Io l’ho fatto, mi si sono bruciati i peli del naso, ho visto draghi verdi per dieci minuti e volevo morire. Non è quel genere di curiosità che vada assecondata…



Prelevate cinque gocce di essenza e versatele in un pentolino d’acqua bollente. Prima che i fumi si disperdano in tutta la casa e facciano svenire tutti, versate nel pentolino le scorzette e coprite subito con un coperchio. Cuocete per quattro minuti. Sempre indossando le vostre protezioni, scolate l’acqua in uno scolapasta e sciacquate con acqua fredda corrente e asciugate.



Quest’operazione va ripetuta tre volte, ogni volta con nuova acqua ed essenza. Non ve ne pentirete, in più è un buon modo per arieggiare la cucina!
Prendete le scorzette e aggiugetele negli ultimi minuti di cottura.



E’ ora dell’insalata d’arance. Ve ne sono rimaste due: una “normale" ed una alla quale abbiamo tolto la scorza. Si possono usare tranquillamente entrambe. Con un coltello tagliatele in sei spicchi e separatele dalla buccia, poi ogni spicchio in due.



Se siete in grado di effettuare il taglio “al vivo” sbizzarritevi, questa è una buona alternativa. L’arancia va condita solo con olio (io l’ho usato aromatizzato all’alloro) e sale grosso, così scrocchia sotto i denti.



Componete il piatto e…



Buon Appetito!

Francesca



martedì 25 gennaio 2011

Chaud-froid di tonno in crosta croccante piccante di nocciole

Che letteralmente significa: caldo-freddo.
Praticamente, quindi, otterremo un lungo e sottile parallelepipedo rettangolare di tonno scottato e quindi caldo fuori e crudo e freddo dentro.



Assaggiai questo delizioso piatto in Polinesia, durante la mia luna di miele.
Pausa sospiro.
La cucina polinesiana è molto varia ed interessante. Mescola tradizioni francesi ed asiatiche in quanto la Polinesia sarebbe stato prima un prottettorato e poi una colonia francese e la vicinanza del continente asiatico ha richiamato naturalmente  immigranti. Propone ovviamente piatti di mare, il più conosciuto dei quali è il poisson cru: una tartare di tonno servita con cipolle, peperoncino, latte di cocco e a volte gamberetti dentro una noce di cocco e tanti, tanti fiori a decorare. Sublime. Il tonno è cotto per marinatura dal lime. Se non l’avete mai assaggiato non potete capire cos’è mangiarlo sulla vostra veranda affacciata sulla laguna polinesiana, mentre il sole manda i suoi ultimi bagliori, la brezza comincia a lambire la pelle calda e i fiori di tiarè mandano, dalla vostra capigliatura dove li avete messi per trasformarvi con scarso successo in una splendida ragazza locale, il loro aroma dolce e sensuale… se non l’avete provato non sapete cos’è…
Sull’isola di Ta’ha ho soggiornato felicemente al resort la Pirogue. Appena otto bungalow e tutt’un’ isola per voi.



I gestori, una rilassata coppia franco-elvetica, proponevano cucina interessantissima, la migliore, per mio conto, assaggiata sull’intero arcipelago.
Il proprietario, che prima di aprire il piccolo resort gestiva con la moglie un ristorante, deliziava gli ospiti dalla cucina. Il piatto che più mi è rimasto impresso era proprio uno chaud-froid di tonno ma invece della crosta croccante, era profumato da erbe aromatiche.
So che in tanti hanno la fisima del pesce crudo: lo mangio? Non lo mangio? Sarà abbastanza sicuro? Avremo rispettato tutte le norme igieniche? Sì, in questo momento ho una problema con i tesissimi maniaci dell’igiene. A voi, perciò, igienisti mai sereni, dico che, come fanno i ristoranti giapponesi con sushi e sashimi, potete congelare il vostro trancio di tonno ed abbattere la carica batterica presente, quindi, una volta scongelato, potete far finta che sia fresco. E comunque sappiate che se vi rilassate non solo vi gusterete meglio questo piatto, ma  starete meglio voi e le persone che sopportano loro malgrado le vostre manie.

Ingredienti per due persone:

Un trancio di tonno alto almeno tre dita dal quale ricaverete i due parallelepipedi. Il resto… bho! Fateci un buon sugo per una pasta!
Una manciatina di nocciole da ridurre in granella
Peperoncino piccante
Olio extravergine d’oliva
Aglio, a piacimento
Basilico fresco

Preparazione:

In un piatto fondo mescolate la granella di nocciole con una dose a vostro piacimento di peperoncino in polvere e delle foglie spezzate a mano di basilico.



Rotolate i parallelepipedi di tonno nella granella, come bambini gioiosi un una pozza di fango e massaggiateli affinché la nocciola aderisca bene al pesce. Non abbiate paura di usare le mani, dita e palmi! Ve le laverete più tardi!



Scaldate in una padella di ceramica dell’olio (due o tre fili, il pesce non deve friggere) con aglio, se vi piace. Quando siete sicuri che la padella sia bella calda, adagiate il parallelepipedo per quindici secondi, quindi girate e scottate sugli altri tre lati lunghi.



Potete servire il parallelepipedo intero o tagliato a fette. Io, personalmente, lascerei agli ospiti il piacere di affondare il coltello oltre la crosta croccante, giù per la soda polposità del tonno.
Buon appetito!



Francesca

lunedì 17 gennaio 2011

Mazzancolle saltate e crema al curry

Ecco qui con un altro piatto dietetico. Riesco a stupirmi da sola: un altro giorno senza esagerazioni alimentari non è da me!
La ricetta può andare sia come antipasto che come secondo piatto.. nel mio triste caso funziona da piatto unico…
Gamberi e curry sono un’accoppiata vincente! La ricotta, base della nostra crema, è perfetta col curry!

Se non mi sentite briosa e convinta come al solito non è a causa della ricetta che, pur essendo a ridotto contenuto calorico, non è troppo triste. In effetti non sto benissimo, ma per domani conto di essere tornata in forma!

Ingredienti per due:

una ventina di mazzancolle
250 g di ricotta vaccina
Curry nella variante hot
Olio extravergine d’oliva
Aglio
Rosmarino














Preparazione

Pulite le mazzancolle e saltate brevissimamente le code con un filo invisibile d’olio, l’aglio e il rosmarino.



Mescolate la ricotta con due cucchiai di curry che ho scelto nella variante hot, piccante, per dare un po’ di brio al tutto.

Sistemate a vostro piacimento nel piatto o riproducete la mia presentazione, per nulla originale.
Al momento di servire i gamberi dovrebbero essere tiepidi.

Io ho accompagnato il tutto con una padellata di verdure miste.
Questo piatto si presta per essere consumato "socialmente": ognuno prende il suo gambero e lo intinge nella ciotola comune di crema. In questo caso non servirei le verdure.



Buon appetito dietetico

Francesca

domenica 16 gennaio 2011

Crema calda di zucca e gamberi

Sono sotto shock.
Il motivo è che mi sono pesata. Ebbene sì, ho sorpassato i limiti della decenza e sono a dieta. Almeno per stasera… da domani si vedrà. Sono brava solo a concedermi le gratificazioni alimentari che considero necessarie, non certo a negarmele!

Questo, unito al fatto che sono a casa da sola per qualche giorno,  significa una sola cosa: gamberi. Mio marito li odia, ne tollera a stento la vista…adduce il motivo di questa bestemmia al fatto che, quand’era bambino, uno zio lo obbligò a mangiare decine di gamberoni imperiali e da allora, dopo un’indigestione coi fiocchi, rifiuta categoricamente di assumerne altri, preparati in qualsiasi maniera.
A sua discolpa devo dire che mi accadde una cosa analoga con la granita al caffè, e per quasi due anni non ne bevvi una goccia, oltre a fuggirne l’odore. Ma ora tutto è tornato alla normalità, mentre, nel suo caso, quasi diciassette anni non hanno sortito i minimo beneficio…

Il modo in cui preferisco i gamberi è quando me li presentano cotti alla brace. Non stracotti, appena rappresi. Tutto il pesce in genere mi piace semplice e il meno condito possibile, preferibilmente crudo o appena appena scottato. Fatta eccezione, è ovvio, per polpi et similia.

Il piatto che vi propongo oggi è ideale per una cena calda e confortante, ma chic e leggera. Sostanzialmente si frullano assieme zucca e gamberi e il gioco è fatto.

Ingredienti per due

400g di zucca cotta
200 g di gamberi già puliti
Brodo vegetale in alternativa, se non siete a dieta, latte o panna. Quella fresca, non quella nel Tetrapak a lunga conservazione venduta fuori dal frigo. Soprattutto, per nessuna ragione al mondo, non quella vegetale. Abbandonai così, seduta stante, un corso di pasticceria di base perché l’insegnante sosteneva che la panna vegetale era più buona di quella regolare, estratta dal latte vaccino. Se siete vegetariani, se avete problemi di colesterolo e non potete usare la panna ma la volete lo stesso, ok, usate tutti i succedanei che volete, nel  privato delle vostre abitazioni, ma non cercate di trascinare il resto della popolazione in questi vortice di vergogna e cattivo gusto. La panna vegetale, paragonata a quella vera, è immonda e immangiabile. Cercare di convincere degli ignoranti ad un corso di pasticceria che non solo i due prodotti si equivalgono, ma che, anzi, la panna vegetale è migliore dal punto di vista del gusto, è segnale di squilibrio e indice della preparazione sulla materia. E questo è tutto quello che ho da dire sull’argomento.
Rosmarino: alcuni aghi



Preparazione.

Ottenete 400 g di zucca cotta secondo il metodo che preferite: al forno tradizionale o a microonde.
Frullate la zucca con il rosmarino, le code di gamberi crude ed allungate con brodo vegetale, latte o panna a seconda della quantità di calorie che potete ingerire. Salvate dall’operazione due code di gambero per ogni commensale.
Trasferite il liquido in una pentola e portate ad ebollizione, così i gamberi cuoceranno.
Servite con i gamberi che avete conservato e, se volete, alcuni crostini di pane.



Buon appetito dietetico

Francesca