sabato 30 ottobre 2010

Semifreddo di savoiardi, castagne e cachi

Stamane vi propongo una variazione sul dolce monoporzione al cachi. In questo caso si tratta di un semifreddo in forma poiché ogni crema ha una sua precisa consistenza e non si “spappola” come nell’altra ricetta che, appunto,  necessitava di un contenitore. In un certo senso è una ricetta più evoluta, poiché la materia prende forma e la mantiene autonomamente.
Il tortino è formato da tre strati di piacere: sotto veri savoiardi artigianali (astenetevi dall’acquistare quelle cose ariose, pappamollicce e inconsistenti che sono i savoiardi industriali) bagnati col vino Marsala, in mezzo si trova la crema di castagne, non dissimile da quella fatta per l’Antipasto valdostano, ma cotta nel latte di mandorle, e sopra i cachi frullati col peperoncino.
Questa ricetta ha un carattere “isolano” riconoscibile nel fatto che i savoiardi sono sardi, il latte di mandorle ed il marsala sono prodotti tipici siciliani e il peperoncino richiama ragionevolmente echi meridionali. A me viene in mente l’Etna com’è in autunno: caldo per il sole accumulato durante l’estate e per la lava che scorre indomita sotto le colate, colorato d’arancio per le foglie della vegetazione, generoso di castagne come di funghi e altre prelibatezze tipiche della cucina siciliana dell’entroterra.
Per questo motivo questo semifreddo è dedicato alle mie nipoti che vivono alle pendici di questo magnifico vulcano.
Spendo una parola sul latte di mandorle. E’ un prodotto che “vale la pena”. Ormai anche da noi è facile trovarlo al supermercato. Il vero, unico, inimitabile latte di mandorle è prodotto da Condorelli.
Ebbi la fortuna di conoscere il Cavalier Francesco Condorelli diversi anni fa, quando mi recai in Sicilia per conoscere quelli che sarebbero diventati i mie suoceri. Era un vecchino che a vederlo non avresti detto ch poteva avere le palle per creare un’azienda di quella portata, in un paesino sperduto della Sicilia. E adesso non vorrei dire le solite banalità sui problemi che incontrano o incontravano gli imprenditori in quei posti, perciò, dicevamo, il Cav. Condorelli. Se ne stava seduto su una seggiola, a lato del registratore di cassa ed era appoggiato con entrambe le mani al bastone che aveva il compito di sorreggere il suo corpicino; in testa aveva un cappello. Me lo presentò il mio fidanzato (ora marito) perché da ragazzo aveva lavorato per alcune stagioni a quella che noi chiameremmo la campagna del Torroncino. Se fosse vissuto qui probabilmente avrebbe fatto la campagna del pomodoro, invece, abitando a Belpasso, si ritrovava ad armeggiare con enormi quantità di mandorle, miele, cioccolato, albumi e altre magnificenze. Mi stupì notare che il Cavaliere si ricordava di lui chiamandolo per nome. Purtroppo, pochi giorni dopo questa prodigiosa presentazione, sentimmo una grande confusione provenire dalla banda in strada, ci affacciammo e dovemmo constatare che si trattava del suo corteo funebre. Ovviamente da parte mia è irragionevole e presuntuoso credere di portare una tale sfortuna, ma da quella volta ci ripenso spesso.
Il latte di mandorla è un prodotto già pronto da bere che viene ricavato aggiungendo acqua (poca) ad una pasta di mandorle e zucchero (tanta). Dal latte di mandorla si può creare l’impareggiabile granita di mandorla. Sappiate che, nei pressi di Belpasso, sede storica della produzione di Condorelli, si trova un’azienda relativamente recente che sforna prodotti analoghi a costi molto inferiori e si chiama Dais. Io ho trovato il latte di mandorla Dais alla Lidl a mille e passa chilometri di distanza. Costa la metà, ma, come per i torroncini, devo dire che i miei preferiti rimangono quelli di Condorelli.

Siamo pronti per la ricetta
Ingredienti per un tortino bastevole per 6 porzioni abbondanti:

400 g di castagne
3 cachi
Savoiardi artigianali sardi
Vino Marsala
Peperoncino
Latte di mandorle
Colla di pesce



Preparazione:

Incidete le castagne come a voler fare delle caldarroste e passatele il forno a microonde per 90 secondi a 600 watt. Suggerisco di procedere a gruppi di circa 15 castagne tenute al caldo in uno straccio. Quest’operazione facilita l’eliminazione delle varie bucce della castagna. Finite di cuocere le castagne facendole bollire con del latte di mandorle che aggiungerete poco per volta per non correre il rischio di aver finito la cottura e ritrovarvi a dover scolare le castagne. (Cuocete con coperchio!) Frullate il tutto.

Intanto che cuociono le castagne, prendete uno strumento ad anello del diametro di circa 22 cm come questo



 e sistematelo sul piatto di portata. (in assenza di tale anello arrangiatevi con uno stampo in silicone o l’anello della tortiera, ma temo che il bordo inferiore vi causerà qualche problema…).
Disponete sul fondo i savoiardi in modo da non lasciare nemmeno uno spazietto privo di biscotto. Bagnate con due bicchierini di Marsala aggiungendolo uniformemente e a goccetti per non fare sbrodolate sul piatto di portata.



Quando è fredda, stendete sopra i savoiardi la crema di castagne.
Visto che potrebbe volerci un po’ per far sì che la temperatura si abbassi, ingannate il tempo mangiandovi i savoiardi rimasti accompagnati da un bicchierino di Marsala con la consapevolezza di avere tra le mani il mio biscotto preferito. Ovviamente le mie nipoti o altri minorenni dovranno sostituire il vino con del tè o succo di frutta.
Preparate così l’ultimo strato: mettete a bagno tre fogli di colla di pesce. Intanto frullate tre cachi con poco peperoncino. Regolatevi assaggiando di tanto in tanto: il peperoncino dev’essere solo un suggerimento, non una presenza ingombrante. Quando i fogli sono viscidi e scivolosi sono pronti: metteteli in un tegame col frullato di cachi e mescolate finché il composto non giunge a bollore. Lasciate raffreddare sempre mescolando e versate sopra lo strato di castagne. Tenetelo in frigo almeno un paio d’ore e comunque fino ad un secondo prima di servire. Allora procederete così: con un coltello staccate il semifreddo dal bordo interno dell’anello, quindi allargatelo e sfilatelo con dolcezza e fermezza. Servite a fette con il marsala avanzato (dovrebbe bastare se siamo state ragionevoli circa la grandezza del bicchierino della nostra merenda!).



Buon appetito!
Francesca

mercoledì 27 ottobre 2010

La torta con ricotta e uva frambos

Ah! L’uva frambos! Ha il sapore ed il profumo dell’infanzia!
Ho dei felicissimi ricordi di quando, bambina, si vendemmiava l’uva dell’orto e la si pigiava! Era un rito che si ripeteva identico di anno in anno e serviva a produrre un vino orribile che bastava al consumo domestico dell’annata e appagava il bisogno del ritorno alle radici contadine (insomma, una pacchia per un antropologo!). Mio fratello ed io ce la spassavamo sul mucchio enorme di foglie e rami che veniva ammonticchiato sul lato corto del casottino degli attrezzi (una volta ci stavano i conigli) e fantasticavamo con chissà quali storie mentre gli adulti tagliavano i grappoli e li buttavano nella pigiatrice ... Credevate forse che avremmo pigiato coi piedi vestiti con abiti tipici da contadini ballando a ritmo di musica e sorridendo estatici? … Non era mica il set de Il profumo del mosto selvatico! Quindi, tornando a me e Alessandro bambini,  in quel giorno la nostra merenda consisteva in un grappolo di uva frambos. Forse è meglio conosciuta come uva americana. E’ di un blu/viola molto scuro, con acini piccoli e dolci ed un tipico profumo che in qualche modo richiama la fragola.



Una parte dell’uva veniva salvata per la produzione del mosto. Se esiste un dio, di sicuro si nutre di mosto d’uva. Trattasi di succo d’uva fatto cuocere con farina e zucchero. Assume una consistenza budinosa e deve essermi somministrato cum grano salis o lo assumo tutto contemporaneamente, anche una pentola intera, con conseguenze drammatiche…a buon intenditor…. Rientriamo da questa digressione e parliamo della torta.

Mia madre assaggiò questa torta per la prima volta a casa di una sua collega. E’ una base di frolla che originariamente prevede l’uso del mascarpone, ma, francamente, proporre mezzo chilo di mascarpone, per di più mescolato a del cioccolato e su una burrosissima frolla, mi sembra davvero esagerato. Io quindi uso solo la ricotta, che, ben lavorata, prende una consistenza cremosa e piacevole come quella del ripieno dei cannoli.  A vostro piacimento potete aggiungere una percentuale di mascarpone alla ricotta. Infine, il tocco di grazia, acini di uva frambos.
Se potete, preparate la frolla il giorno innanzi. La torta finita si conserva in frigo, ma siccome la frolla si ammoscia, fate in modo di finirla presto.

Ingredienti:

- per la frolla:
300 g fi farina 00
150 g di burro molto molto molle
130 g di zucchero
La scorza di mezzo limone
Vanillina a piacere
1 uovo
Vino bianco secco se l’impasto fosse asciutto.

-per la crema:
500g di ricotta
Una barretta di cioccolato fondente al 70%
Due o tre grappoli d’uva frambos (o quanto basta per ricoprire tutta la torta). Un’altra uva non è lo stesso. Intendo che l’uva frambos ha un suo spiccato carattere e si armonizza col resto, ha un sapore completamente differente da tutte le altre uve vendute per il consumo “da tavola” Se non avete le viti o non potete comprarla temo che vi perderete la possibilità di assaggiare un frutto ed un dolce meravigliosi.
100 g di zucchero



Preparazione

Mettete nel mixer tutti gli ingredienti per la frolla ad eccezione del vino e fate partire a bassa velocità. Per quanto riguarda la scorza: prestate attenzione a non grattugiare il bianco. Io ho una grattugia apposta per lo scopo, lunga e sottile, che non prende il bianco. Se l’impasto è asciutto bagnate poco per volta col vino bianco secco. Lavorate brevemente.
Stendete sulla base e sui bordi di una tortiera. Se avete le mani troppo calde lavatele sotto l’acqua fredda, ripetutamente.



Coprire la base con della carta forno e versateci sopra o le apposite palline di ceramica, o dei fagioli secchi in modo che la pasta non si alzi durante la cottura. Questo procedimento si definisce cottura in bianco. Infornare a 180° per 35/40’ a forno statico.

Il giorno dopo lavorate bene la ricotta con 100 g di zucchero ed il cioccolato della barretta tagliato a scagliette finchè non è diventata una crema omogenea. Spalmate la ricotta sulla base di frolla. Io uso una paletta di silicone, è eccezionale! Disponete gli acini d’uva frambos a cerchi concentrici, partendo dall’esterno e sistemando gli acini ben vicini gli uni agli altri. Mi piace servita con del Barolo chinato che è un barolo al quale sono stati aggiunti aromi (china e genziana estratti in alcol) e zucchero.



Buon appetito!
Francesca

lunedì 25 ottobre 2010

Il mistero della vita e la pasta della pizza

Sabato mi ha raggiunta la notizia del suicidio di un amico. La morte, come la vita, sono misteri impenetrabili e inarrivabili; eppure (o forse proprio per questo) suscitano in noi il bisogno di capire e razionalizzare, di dar forma al dolore e alla sorpresa, di rispondere alle domande. Siamo di fronte al paradosso della ricerca di risoluzione dell’irreversibilità. Di fronte a tanto dolore ognuno reagisce in maniera differente, ma, per quanto mi riguarda, l’unica risposta che trovo accettabile è la resa incondizionata all’amore di un Essere creatore che ci ama.
Se poi è un amico ad andarsene sentiamo il bisogno di dedicare a questa persona un pensiero, un gesto, una canzone… Purtroppo non so né suonare né cantare, non so comporre poesie o fare bei discorsi. Eppure, consolandomi nell’Amore e pensando a cosa potrei fare io, penso al pane.
Il pane è il più sacro degli alimenti e conserva in sé un’anima vitale. Lievitando il pane si sottomette a leggi chimiche, diremmo oggi, ma pensiamo allo stupore di chi non conosceva l’esistenza dei lieviti ed osservava questa “magia”. La vita presente nel pane si trasferisce all’uomo tramite l’assunzione orale, quindi, per esteso, il pane dà vita all’uomo. Per i cattolici, poi, questo paragone ha un valore molto profondo. Il lievito sta al pane come l’anima sta all’uomo. Il lievito trasforma le farine inerti grazie all’Amore.
Paolo, spero che nel posto che hai raggiunto ti possa nutrire dell’Amore che qui non hai trovato.

Pensando a questi misteri ho messo a lievitare un chilo di farine e ne ho  fatto una pasta di pizza o focaccia. Se ne possono ricavare tre, ma io vi propongo due farciture per pizze bianche. Le ho farcite così: con broccoli e salsiccia; con zucca, scamorza affumicata, porcini e olio al tartufo bianco.
Acquistando la scamorza fate attenzione che sia veramente affumicata e non aromatizzata al gusto affumicato. La salsiccia è punta di coltello: la pasta è più grossolana. Olio al tartufo: croce e delizia. Ovviamente, potendoselo permettere, è meglio il tartufo… l’olio tuttavia è molto pratico e aromatico, ne basta un filo a fine cottura.

Ingredienti:

500 g di farina 00
500 g di semola rimacinata (si può acquistare praticamente ovunque e da quando la uso non posso più farne a meno)
2 bustine di lievito di birra secco
600 ml d’acqua
Sale fino
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva



Mescolate le due farine con l’acqua, il lievito, l’olio ed il sale. Dividere l'impasto in due, ungere i contenitori che ospiteranno la lievitazione (devono avere un coperchio) e lasciate lievitare 24 ore in frigorifero. No, non sto scherzando. Il lievito non è un incantesimo di Harry Potter, deve avere il suo tempo.

L’indomani ribaltate gli impasti lievitati sulle teglie coperte di carta da forno e stendete con le dita.
Intanto che preparate gli ingredienti delle farciture la pasta avrà modo di lievitare anche in teglia.

Per “Broccoli e salsiccia”:
1 fior di latte
Due salamelle punta di coltello
Un’infiorescenza di cavolo broccolo

Mondate il broccolo e mettetelo a cuocere in una padella con aglio e olio, niente sale. A fiamma viva ed aggiustando d’acqua fatelo cuocere dapprima senza e poi, abbassando il fuoco, con coperchio. Deve mantenere il suo carattere sodo, non deve essere spappolato e molle.
Stendete sulla pasta della pizza la salsiccia a tocchetti. Infornate a 180° per 10 minuti. Estrarre la teglia ed aggiungere i broccoli e la mozzarella fior di latte strappata a filamenti sottili. Terminate la cottura per altri 10/12 minuti a forno statico o fintanto che non ha raggiunto il grado di croccantezza di vostro gradimento. Se vi piace, è il momento di guarnire con olio al peperoncino calabro.




Per “Zucca, scamorza affumicata, porcini e olio al tartufo bianco”
500 g di zucca
Una vera scamorza affumicata
3 funghi porcini medi (tolleriamo anche la busta di surgelati se non siamo più in stagione)
Olio al tartufo (o meglio un pezzetto di tartufo bianco).

Mondate i porcini, riduceteli a cubetti e passateli in padella a fiamma alta con olio e aglio. Non cederemo al clichè del prezzemolo. Il dannato prezzemolo. Lo infilano ovunque.
Cuocete alla solita maniera la zucca: in un piatto con pellicola per forno a microonde e poi via per 13 minuti a 600 watt. Spolpate comodamente con un cucchiaio e distribuitela sulla pasta della pizza schiacciandola con un passapatate. Metteteci sopra i porcini ed infine i pezzetti di scamorza. A 180° per 20/25 minuti. Estraete e condite con tartufo grattugiato o olio al tartufo.



Raccomando di tagliare la pizza con le forbici.

Buon appetito
Francesca

sabato 23 ottobre 2010

Gnocchi di zucca con crema al gorgonzola

La settimana scorsa ho acquistato all’Esselunga un percorso-degustazione di vini veneti. Visto che il Ripasso di Valpolicella se n’era già andato sulla fiorentina con patate al rosmarino, ho pensato ispezionare la confezione e mi è capitato per le mani un Recioto di Soave. Per chi non ne capisse niente, si tratta di un vino dolce prodotto tra Soave (Verona) e Gambellara (Vicenza) fruttato e mandorlato che viene generalmente accostato alla biscotteria. Siccome non avevo alcuna intenzione di cenare a biscotti, ho creduto meglio abbinarlo ad un formaggio, e la scelta è caduta sul gorgonzola, poiché per contrasto la sua l’erborinatura si sposa con le caratteristiche del Recioto, valorizzandosi a vicenda. Era anche vero, però, che il vero matrimonio d’amore di questo vino è sul dolce, perciò: cosa meglio della zucca che per sua natura si presta a preparazioni sia dolci che salate? Ne è nato un primo goloso: gli gnocchi di zucca con una crema al gorgonzola.

A prepararlo non ci vuole niente, solo prestate attenzione alla zucca che prendete. Raccomando il tipo “bertina”. Purtroppo da fuori non c’è modo di sapere se una zucca è buona o no, potete quindi affidarvi in parte al caso, e in parte informandovi presso amici e conoscenti se sapessero di qualche produttore. Dà una certa soddisfazione portarsi a casa la zucca tutta intera e pensare alle delizie che ne potrete ricavare!

Ingredienti per due persone:

500g di zucca bertina
250g di farina 00 del vostro mugnaio di fiducia
Una fetta di gorgonzola non troppo dolce
Poco latte
Parmigiano grattugiato a piacere.
Sale



Preparazione:

Cuocere la zucca al microonde per circa 16 minuti a 600 watt. Non metto la pellicola perché non deve essere troppo bagnata. Togliete la buccia e frullate con la farina aggiustando lievemente di sale.
Fate bollire dell’acqua e sale in una pentola più ampia che alta. Con un grosso cucchiaio prelevate dal mixer l’impasto e con un cucchiaino staccatene piccole quantità pari alla grandezza di uno gnocco.



Risalgono in pochi secondi in superficie, allora prendeteli con una schiumarola, sgocciolate bene e metteteli sul piatto di portata.
Mentre cuocete gli gnocchi potete far sciogliere a fuoco lentissimo il gorgonzola con un goccio di latte perché non si attacchi.
Distribuite la salsa sugli gnocchi e servite con del Recioto di Soave ben freddo. A piacere, può starci anche una spolverata leggera di Parmigiano.



Buon appetito!
Francesca

mercoledì 20 ottobre 2010

Antipasto valdostano: crema di castagne con lardo e miele

Recentemente ho passato due giorni in Valle d’Aosta. La spedizione prevedeva intenti sia gastronomici che termali. Ho visitato le terme di Prè Saint Didier, un vero spettacolo, e ho avuto il piacere di mangiare a La Clusaz, a Gignod, dopo che, con mio grande scorno, il Cafè Quinson di Morgex, mi ha dato forfait all’ultimo secondo.
La Clusaz è un posticino veramente incantevole, con pochi tavoli più una sala privata sotto volte in pietra locale. E, se vi fidate delle guide, il Gambero la porta a 80 punti, con addirittura 55 di cucina e due bonus: uno per il carrello dei formaggi ed uno per le proposte al bicchiere. In realtà più che proposte al bicchier si tratta di una discreta selezione di mezze bottiglie. Noi abbiamo assaggiato delle bollicine locali prodotte con metodo charmant: il Fripon. Non ci è dispiaciuto, interessante come aperitivo e sullo stuzzichino composto da crema di zucca con crespellina e spiedino di gamberi in pasta kataifi. Sicuramente questo vino non riesce a tener botta con i piatti della tradizione locale (ricchi di formaggi, aromi montani eccetera) né con proposte che non siano delicatissime, ma nel complesso è un vino piacevole, non troppo secco e dolcemente aromatico.
Come antipasto abbiamo provato il foie gras di anatra cotto nel torcione con pepe verde, gelatina di moscato passito e servito con pain brioche caldo.
Ora, capisco che l’influenza francese rendesse scontato che si trattasse di patè, personalmente, ogni volta che ho trovato l’indicazione foie gras si trattava di fegato allo stato puro e non preparato a paté. In ogni caso: il piatto insisteva molto sull’aspetto dolce del fegato con il pain brioche e la gelatina di moscato e, dato il carattere stucchevole di questa preparazione, ho apprezzato i grani di pepe verde ed il sale nero a bordo piatto come “salvagente”. Per dare un’idea di cosa intendo, credo che, ad  esempio, la liquirizia, con le sue note decise, aromatiche, pungenti precise, potrebbe costruire un migliore equilibrio. Come secondi, abbiamo assaggiato due tipi di carni, cotte magistralmente e, in chiusura, a sorpresa, una degustazione di pariginissimi macarons che ho apprezzato per la bontà delle creme tra i gusci: al cioccolato bianco ed olio d’oliva del Garda (delizioso), al cioccolato fondente, al caramello e fleur de sel (il mio preferito) e cioccolato al latte e frutto della passione (perfetto). Il tutto accompagnato da un interessante moscato passito del 2007 prodotto a Chambave. Per gli appassionati, segnaliamo che negli ultimi anni quasi ogni produttore ha dedicato una parte di produzione ai passiti o alle vendemmie tardive, infatti si trova una ricca gamma di proposte dolci.
Tra gli antipasti assaggiati c’era un tortino di castagne con pancetta e pane di segale che ha ispirato l’antipasto che vi propongo oggi. Credo che sia giusto citare le referenze poiché io non sono una professionista, ma il lavoro che ha permesso alle mie sinapsi di produrre questa poco originale ricetta è stato creato da persone che esprimono la loro professionalità in maniera così produttiva per noi. Non metterò la foto di questo piatto della Clusaz se no, al vedere il mio risultato finale, nessuno di voi vorrà provarlo!

Consiste in una crema  al 50% di castagne e 50% di patate rosse di montagna coperte di straccetti di lardo d’Arnad alla piastra e servito con fettine sottilissime dello stesso lardo a lato del piatto e bagnate con un goccino di miele di montagna. Io l’ho scelto di rododendro.

Ingredienti per due persone:

200 g di castagne di montagna
Una patata rossa di medie dimensioni (ovviamente potete usarne un diverso tipo)
Una fetta altra 3mm di lardo d’Arnad (quello di Colonnata, o peggio, un lardo a caso non vanno bene)
6 fettine sottilissime dello stesso lardo
Cannella
Miele
Sale
Olio extravergine



Preparazione:
Incidete  le castagne come se voleste fare delle caldarroste e mettetele in forno a microonde per 90 secondi a 600 watt. Estraetele ed avvolgetele in un panno. Privatele della buccia esterna ed interna e mettetele in un pentolino coprendole con del latte.



Fate bollire per 20 minuti controllando che non brucino ed eventualmente aggiungendo un goccio d’acqua. Fate bollire la patata con un cucchiaino di sale. Frullate le castagne e la patata sbucciata con un soffio di cannella e un generoso cucchiaio  d’olio. Sistemate la crema in un bicchiere basso o in una coppetta (andrebbe servito tiepido). Intanto che tagliate a striscioline la fetta più spessa di lardo, mettete a scaldare una piastra. Solo quando siete sicurissimi dell’alta temperatura della piastra (anche una padella andrà bene) fate che le striscioline diventino croccanti, quest’operazione richiede circa 30 secondi, perciò state sul pezzo.



Raggiunta quella grassa croccantezza che contrasta con la crema (che allitterazione!), sistemate le striscioline nel bicchiere e disponete le fettine di lardo ai suoi lati. A piacere bagnate le fettine di lardo con del miele.



Voilà! L’antipasto è già fatto. Buon appetito
Francesca

martedì 19 ottobre 2010

Dopopasto (ovvero l'elogio) al cachi

Il cachi è l’apice dell’attività evolutiva vegetale. Oltre il cachi non è possibile concepire umanamente un frutto con maggiori perfezioni. Il cachi richiede che si usino tutti e cinque i sensi quando lo mangiate, e forse, dico io, persino un sesto.
Il cachi è come la terra: leggermente schiacciato ai poli; la sua buccia è sottile e tesa: promessa di succosità e dolcezza; la consistenza sensuale: arrendevole e generoso; il suo sapore delizioso: esotico e zuccherino.
Matura agli ultimi caldi raggi di sole autunnale e sembra prometterci le gioie di una nuova primavera.
Da bambina ne facevo scorpacciate poiché avevamo un albero che, ahimè, venne tagliato a causa di una malattia. Ricordo che sistemavo con cura il frutto nella coppetta della Tognana bianca col bordo blu, prima me lo guardavo, nel suo arancio caldo, poi ascoltavo il suono come di tappo del picciolo che viene staccato, ed infine mi concedeva, tramite un cucchiaino, la sua polpa. Alla fine prendevo la buccia con le dita e mi assicuravo che non fosse rimasto nemmeno un grammo di nettare succhiandolo via.

Dopo questa dichiarazione d’amore concedetemi un sospiro romantico, ed ecco, sono pronta a condivider questa ricetta.
Non è un dolce né un semifreddo, è un dopo pasto poiché, non essendo particolarmente impegnativo, permette di chiudere golosamente un pranzo o di interrompere un lungo pomeriggio se volete concedervelo a merenda.
Essendo originario del Giappone, intendo sottolineare il suo carattere orientale con l’uso dello zenzero in polvere che aiuta anche a rinfrescare. Il biscotto sostiene la consistenza, il marsala gli conferisce un carattere deciso e il marron glacé  ingolosisce il tutto.
Si prepara in cinque minuti, compreso il tempo di prendere gli ingredienti e riordinare.

Ingredienti per due:
2 cachi maturi
2 biscotti Digestive
Un bicchierino di Marsala
Zenzero in polvere
Marrons glacés (per questa preparazione vanno bene anche quelli spezzati: costano meno e comunque devono fare quella fine poiché non li metteremo interi).
2 bicchieri da martini: sono trasparenti e mi permettono di vedere gli starti di delizie che andrò assaggiando, sono larghi in alto così è più facile pescarne il contenuto e lo stelo lo avvicina agli occhi del consumatore, rendendo più facile osservarne la composizione.



Preparazione:

Private i cachi della buccia e frullateli a lungo in un mixer con un cucchiaino da caffè raso di zenzero in polvere.
Intanto che il mixer incorpora aria nei cachi creando una soffice crema, sbriciolate un digestive in ogni bicchiere da martini e bagnate con un poco di marsala. Sbriciolate grossolanamente i marrons glacés sopra il biscotto creando uno strato alto un centimetro. Versate la crema di cachi. Se non servite subito, mettete in frigo coprendo con della pellicola.



Buon cachi a tutti!
Francesca

mercoledì 13 ottobre 2010

Cous cous con carne e verdure (per non parlare delle creme)

Personalmente adoro il cous cous per il modo in cui incontra e trattiene i sughetti e per il fatto che andrebbe mangiato con le dita… visto che questo è un piatto perfetto se avete ospiti a cena, sarebbe interessante vedere cosa succederebbe se proponeste loro di non usare le posate!
Il piatto è ricco e gustosissimo, certo è un po’ laborioso, ma, essendo un piatto unico, dopo non vi resta che pensare ad un dolce, per esempio un di riso e latte aromatizzato alla rosa e anice stellato.
E’ molto forte l’ispirazione mediorientale, perciò potreste inventarvi di mangiare in salotto sul tappeto con cuscini sparsi tutt’attorno e candele accese per la stanza.

Il piatto consta di due creme liberamente tratte dalla tradizione mediorientale (una a base di ceci ed una a base di melanzane), patate, cous cous e carne. Lo accompagnerei con del tè alla menta o, se volete un vino, un bel rosso strutturato.
Tra gli ingredienti troverete sia paprika che peroncino piccanti. No lasciatevi imbrogliare: il risultato sarà piccante solo in base al vostro desiderio.

In questa ricetta uso una notevole quantità d’aglio. L’aglio mi piace da matti e, per la rubrica “il dito nell’occhio”, vorrei dire che non capisco chi mette l’aglio in camicia nelle preparazioni in padella. Se l’aglio non ti piace, non lo mettere o tiralo via prima. Personalmente non solo lo pulisco, ma addirittura lo spezzo. Inoltre su questo tema bisogna considerare che l’aglio produce spiacevoli effetti sull’alito da crudo, ma se è ben cotto saprete che è dolce, aromatico, squisito, si trasforma in una cremina che spalmo sul pane e mangio senza remore per la mia vita sociale. Se non l’avete mai assaggiato, vi prego, fidatevi! Sarà mia cura proporvi una ricetta con questo magnifico ingrediente.


Ingredienti per 2

500 gr di spezzatino di manzo
Un peperone rosso
4 peperoncini verdi dolci
Una melanzana
Peperoncino in polvere a piacimento
Una scatola di ceci
Paprika piccante
Limone
3 patate medie.
Olio extravergine d’oliva
Aglio
Sale
Vino rosso corposo
Peperoncino
Menta in foglie
100 g di cous cous (se siete affamati raddoppiatela dose)
2 rametti di rosmarino lunghi 30 cm
Necessario per soffritto (un trito di carota, aglio, cipolla, prezzemolo, sedano)
Un ricciolo di burro



Per lo spezzatino:
Assicuratevi che gli spezzatini siano di piccole dimensioni altrimenti riduceteli in cubetti.
In un tegame scaldate due cucchiai di olio con un trito di verdurine, finché non comincia a sfrigolare. A quel punto aggiungete i cubetti di carne e sigillateli. Quindi sfumate con il vino rosso, regolate di sale e coprite. Uso lo stesso vino che propongo a tavola.
Lasciate cuocere per almeno tre ore a fuoco lentissimo. Ogni tanto date un’occhiata ed eventualmente aggiungete un goccino d’acqua.



Per la salsa di ceci:
Sciacquate i ceci accuratamente e passateli nel mixer con un cucchiaino da caffè colmo di paprika, il succo di mezzo limone e un goccio d’olio fino ad ottenere un composto omogeneo.
Non serve aggiungere sale in quanto i ceci sono già salati.


Per la salsa di melanzane:
Riducete grossolanamente la melanzana a cubetti e fateli passare in padella con aglio a spicchi scamiciati e spezzati, olio e un poco di sale grosso per far perdere alla melanzana la sua acqua.
E’ inutile mettere le fette di melanzane sovrapposte e alternate con del sale nello scolapasta per ore per far perdere loro l’amaro. La preparazione farà loro scomparire questo difetto.
Cuocete i cubetti a fiamma viva prima e coperti  poi per circa 20 minuti, o comunque fintanto che non siano appassiti per bene. Frullate nel mixer con un goccio di succo di limone, un’idea di peperoncino e le foglie di due rametti di menta. Per il discorso di cui sopra, lascio l’aglio e lo mixo assieme alle melanzane.


Per il contorno di peperoni:
Affettate il peperone rosso e quelli dolci verdi e fateli saltare in padella con olio e aglio finché non diventano morbidi. Potrebbe essere necessario aggiungere acqua. Questa cottura va scoperta, se no il peperone assume una spiacevole consistenza svenuta se cuoce al vapore della padella chiusa, ma soprattutto un saporaccio amaro di buccia. Non so perché, ma è così. Perciò fateli andare a fiamma viva. Possono volerci almeno 20’.



Per il contorno di patate:
Bollite le patate in acqua salata, tagliatele a grossi pezzi ed infilateli con cautela sui rametti di rosmarino a cui avrete tolto circa 20 cm di foglioline.



Conservate le foglioline e mettetele in una padella con olio e aglio. Fate scaldare l’olio ed adagiatevi dentro anche gli spiedini di patate. Rosolate bene.

Per il cous cous:
Mettete a bollire 140 ml d’acqua scarsamente salata. Raggiunto il bollore versatela sopra i 100g di cous cous facendo attenzione a scegliere un contenitore con coperchio e coprite. Dopo 4/5 minuti i cous cous è pronto. Rigiratelo con una forchetta facendo sciogliere un ricciolino di burro.

Allestite il piatto in questa maniera: prendete un grosso piatto, più grande di quello del secondo, e sistemateci sopra delle ciotoline  contenenti le due salse ed una col cous cous, in centro la carne ed, ai lati, lo spiedino di patate (sopra al quale spolvererete del sale grosso pregiato, io ho usato quello della Bretagna) e i peperoni.



Vi faranno i complimenti!
Buon appetito!
Francesca

martedì 12 ottobre 2010

Riso con zucca e ricotta

L’esordio mette sempre una certa ansia.
Ho passato tutta la domenica pensando a che nome avrei dato al mio blog e rastrellando la mia dote alla ricerca della ricetta con la quale avrei cominciato.
La “dote” è un’imponente raccolta di ricette che cominciai all’età di quindici anni… perciò, santi numi! Solo ora mi rendo conto di aver passato metà della mia vita ad ossessionarmi con le ricette!
Da principio era una semplice raccolta enciclopedica con lo scopo di accumularne il maggior numero possibile; poi cominciai a scartare le ricette sconclusionate, prediligendo le grandi firme; poi venne la svolta campanilistica e reputai degne d’attenzione solo quelle piacentine; poi cominciai a viaggiare intensivamente e mi dedicai alla cucina world fusion… poi, insomma, ho capito che posso cucinare quel che voglio, ma che l’unica cosa che conta veramente sono: la bontà prerequisita degli ingredienti, un minimo di buon senso e la visione d’insieme. Questo, ovviamente, almeno finché non mi iscriverò al Cordon Bleu e la tecnica supplirà tutto!

Allora, dicevamo, il mio esordio.
Ieri mattina mi sono consultata col mio amico bassista, ex collega e fresco disoccupato, su quale fosse la migliore ricetta da proporre. Gli sovvenne che un sacco di tempo prima, quando facevo la serva della gleba per un’agenzia di lavoro interinale, preparai per i colleghi un riso che piacque parecchio.
Chi crede che la servitù non esista più è solo perché non è mai stato in stage, peggio che mai in un’agenzia di lavoro interinale. Al momento non ho ulteriori dichiarazioni da rilasciare a riguardo, ma sarò felice di rispondere ad eventuali domande sul soggetto che vorrete inviarmi in forma privata.

Il riso, poiché non si tratta di un risotto, ha carattere prettamente autunnale, spiccata personalità e, dai, è buonissimo e facilissimo, a prova di imbranato!
In sostanza si bolle il riso e si mescola con una crema di zucca e ricotta. Questa ricetta nacque diversi anni fa allorché mia madre, preparando i famosi tortelli piacentini col ripieno di zucca,  avanzò un sacco di ripieno. Visto che aveva fatto bollire del riso per mio padre da mangiare in bianco, pensò (donna pragmatica che lavora, ha due figli, un marito, un orto, due cani, due gatti e nonostante questo trova il tempo di fare anche la pasta fatta in casa) di cuocerne anche per noi e fare, come si dice qui, un catta su. Il catta su risultò un piatto delizioso che sparì dai piatti alla velocità della luce e da allora ottenne una sua autonomia esistenziale.

Ecco come riprodurlo:


INGREDIENTI PER DUE PERSONE

Un bicchiere di riso carnaroli
350 grammi di zucca cruda da pulire
200 gr di ricotta
Noce moscata
Cannella
Un rametto di salvia
Due noci di burro
Parmigiano Reggiano: a più non posso




Preparazione: il tempo di cottura del riso.

Primariamente mettete su l’acqua per far bollire il riso. Salata, s’intende.

Mettete la zucca pulita dai semi (lasciatele la scorza) in una ciotola e copritela con l’apposita pellicola per cotture in microonde (reperibile in ogni supermercato), quindi infornatela a 600 watt per 13 minuti. La pellicola è molto importante, poiché lascia la zucca bella umida.Una volta cotta in questa maniera sarà molto più facile separare la polpa dalla scorza. Utilizzate un cucchiaio per farlo. Attenti a non scottarvi!



Mescolate la polpa della zucca schiacciata con una forchetta  con 200 grammi di ricotta, un’abbondante grattugiata di noce moscata, un’idea di cannella e almeno quattro cucchiai colmi di Parmigiano Reggiano, preferibilmente stagionato.

L’impasto ha un carattere spiccatamente dolce, sia per le spezie utilizzate, che per la natura della zucca. Non è un difetto, è la ricetta che è così.



Quando state per scolare il riso, mettete a sciogliere a fuoco bassissimo il burro aggiungendovi il rametto di salvia perchè ne prenda l'aroma. Salvia e zucca sono fatte per stare assieme!

Una volta scolato, amalgamate il riso all’impasto creato a cui va aggiunto il burro fuso (togliete il rametto di salvia).
Servite con Parmigiano grattato a parte per i più golosi.


Buon appetito!
Francesca